Storia del Giappone |
Dalle origini ai giorni nostri Il Giappone è un paese insulare, suddiviso se così si può dire in quattro grandi isole che partendo dal Nord sono: Hokkaido, Honshu, Shikoku, Kyushu, ed infine come una lunga lingua le Isole Ryukyu. E’ bagnato dall’oceano Pacifico e dal Mar del Giappone (quest’ultimo lo separa dalla Corea e dalla Siberia). Ha tratto buona parte del suo patrimonio culturale dai paesi vicini dell’Asia, ma vi sono evidenti differenze che gli conferiscono caratteristiche proprie. Ha sempre avuto una delle culture più originali e sofisticate del mondo. E’ più piccolo della California e più grande dell’Italia; è molto montuoso e il suo vulcano, il monte Fuji raggiunge i 3800 metri di altitudine. Essendo uno stato molto piovoso, cosa tra l’altro che gli dona una vegetazione di un verde brillante particolare, sono stati creati negli ultimi due millenni un intricato sistema di canali che ha reso possibile adibire a risaia ogni più piccola superficie coltivabile. Inoltre essendo circondato dal mare, il pesce è diventato la principale fonte della dieta dei giapponesi. In passato fu il Paese più isolato di tutti, a differenza dei 35 km della Manica che separano la Francia dall’Inghilterra, il Giappone è separato dalla Corea da ben 160 km, e dalle coste cinesi da oltre 800 km, quindi possiamo dire che il suo splendido isolamento lo allontanò dalle varie invasioni asiatiche, ma allo stesso tempo si richiuse su se stesso. Il Giappone è figlio della cultura cinese, ma contrariamente a quanto si pensa non è formato da un popolo di imitatori e questo lo ritroviamo nelle cose più semplici e umili della sua cultura: il vestire, la cucina, le costruzioni architettoniche e altri aspetti che lo identificano come unico. Anche la scrittura, pur se derivante dalla Cina ha delle caratteristiche sue proprie. Quindi il suo isolamento ne ha definito la struttura tradizionale, psicologica e caratteriale. Come razza i giapponesi sono fondamentalmente mongolici, strettamente imparentati con in coreani e i cinesi, ma in realtà derivano da un miscuglio di razze. Fin dall’era del paleolitico, arrivarono in Giappone gruppi etnici diversi - non dobbiamo dimenticare che il Giappone circa 11.000 anni fa era unito al resto dell’Asia, per cui le popolazioni potevano tranquillamente arrivarci – e i primi abitanti del Giappone furono gli Ainu, una popolazione protocaucasica, cioè staccatasi dalla razza bianca in tempi assai remoti. Anche se oggi ne sono rimasti pochi, hanno lasciato una forte eredità genetica che ci spiega le differenze con la razza prettamente mongola. Gli Ainu si diffusero principalmente nel nord, soprattutto nell’isola di Hokkaido e nella parte settentrionale dell’isola di Honshu. A partire dal 10 millennio a.C., fiorì in Giappone una cultura primitiva di cacciatori, questi furono chiamati Jomon, (deriva questo nome dalla particolare decorazione a ‘corda’, nelle ceramiche che denota inoltre un grande senso artistico). Questa fece spazio nel 300 a.C. ad una società agricola più avanzata, quella Yayoi, caratterizzata da una ceramica più leggera e semplice, ma portatrice anche di quelle tecniche di irrigazione in uso ancora oggi. La civiltà Yayoi faceva uso di ferro e bronzo, e di tecniche per la sua lavorazione importate dalla Cina. Si diffuse in tutto il Giappone e si radicò soprattutto nella pianura di Kanto, la più grande del Giappone, dove oggi sorge Tokyo. Nel 300 d.C. si entra in una nuova era archeologica: quella dei Tumuli, il periodo Kofun. Chiamata così a causa delle costruzioni funerarie erette sulle tombe dei principi. Il più grande tumulo, eretto verso il V° Sec., ha una circonferenza di 800 metri ed è circondato da fossati. I più avevano tutto attorno vasi cilindrici di terra cotta raffiguranti in arte semplice guerrieri e cavalli. I tumuli persistettero fino al VII° Sec. e poi si interruppero bruscamente, probabilmente a causa dell’influenza del Buddismo (propenso alla cremazione). Ma se fino a questo periodo ci basiamo su ipotesi, ora iniziamo ad trovare la corrispondenza delle nostre teorie avvalendoci di documenti scritti. Le cronache più antiche del Giappone sono: le Kojiki (712), e le Nihon shoki (720), queste parlano della dea del Sole (Amaterasu), della discesa di suo nipote sulla terra e della fondazione dello stato giapponese da parte di questi nel 660 a.C. – data scelta in un periodo molto posteriore, circa il 600 d.C., - con l’intenzione di dare al Giappone origini antiche come quelle della Cina. La discendenza mitologica della stirpe reale dalla dea del Sole, e le cronache cinesi che parlano della supremazia del ‘paese della regina’, ci fanno supporre una società originariamente matriarcale, che si trasformò (forse sotto l’influenza cinese) in patriarcale. Andò emergendo in questo periodo l’egemonia del clan Yamato, che intorno al 300 d.C., aveva unificato più o meno tutta la nazione con accordi diplomatici e con azioni militari. La loro stirpe si fa discendere direttamente da Amaterasu, la dea del sole, e intorno al V° Sec. introdusse la carica di Tenno (imperatore). Dall’espansine della famiglia Yamato, da Kyusho fino al Mar Interno, al Giappone centrale fino alla pianura di Kanto, nacque il concetto di nazione detta Nihon, conosciuta da noi con la pronuncia del cinese meridionale come Nippon o Giappone. I tradizionali simboli di queste tribù erano i ‘tre emblemi imperiali’: la spada, il gioiello e lo specchio (simboli dai quali il Giappone non si separerà più). Sotto il loro governo il Paese era diviso in tribù, dette uji (clan), queste avevano i propri capi ereditari e le proprie divinità. Sotto legate sempre in modo ereditario con la famiglia e il governo vi erano gruppi con funzioni di supporto detti be, che erano contadini, ma anche ceramisti e tessitori. Tutti erano sotto la suprema autorità dei signori di Yamato. Le gerarchie della società uji si imprimeranno nel tessuto sociale giapponese, il nobile guerriero del periodo dei tumuli tornerà alla ribalta nel periodo medioevale, dai signori Yamato nascerà la casa imperiale più antica del mondo. Anche la religione inizierà ad essere definita, dapprima senza un nome preciso, poi chiamata Shinto o la ‘Via degli dei’ , per distinguerla dal buddismo. Il culto della dea del Sole e di altre divinità uji, faceva parte di un culto molto più ampio della fertilità, delle meraviglie e dei misteri della natura, dove un fiume o un albero o altro potevano ispirare un sacro timore. Questi oggetti di culto vennero chiamati Kami, che troppo spesso è tradotto come dio, ma erroneamente se si considera il concetto cristiano di dio. Lo Shintoismo aveva un ricco cerimoniale e dei riti legati alla purificazione, i luoghi di culto divennero i santuari di oggi, dove si dice che dimori la divinità dell’uji del luogo. Di base lo shintoismo rimane legato al concetto della natura e della fertilità, la venerazione per le divinità ancestrali ed il sentimento della comunione con esse e con tutti gli spiriti dell’universo. Testo a cura di: M° Michele Benussi - Palestra Kibudo |