Il saluto è un rito che celebra con un atto esteriore un cambiamento interiore, il passaggio ad uno stato mentale. Nel judo si conquistano diversi gradi mentali, il primo saluto, si fa quando entrati nel dojo ci si prepara alla pratica, esso sta ad indicare il passaggio da una condizione mentale “distratta” o nel “mondo esterno” ad uno stato di attenzione, in cui si eseguono i primi esercizi di riscaldamento e si assiste alla spiegazione. Al momento del randori, dato l’impiego di maggior impegno e dalla pericolosità della pratica, un secondo saluto indica il passaggio dallo stato di attenzione allo stato di una concentrazione serena dove la mente si focalizza sull’idea d’applicazione della tecnica (non sul fatto di buttare a terra l’avversario come meglio viene), tale stato non è semplice da mantenere a lungo, questo spiega il saluto alla fine del randori, come ritorno allo stato mentale precedente. Lo stato mentale più avanzato è lo stato di meditazione o “mushin” (mente vuota) eseguita senza scopo dell’ego, messo appunto nello shiai (combattimento o gara) e riportato quando si praticano i kata (non nel loro studio). Il saluto ritsu-rei si esegue in piedi con i talloni uniti (posizione del rispetto) nella condizione mentale rei-no-kokoro (spirito del rispetto). Il saluto za-rei si esegue in ginocchio e aggiunge un’idea di solennità. I citati saluti nascono dalla tradizione giapponese. A cura di Salvatore D.
|