L’ Hung Gar, stile del sud, è uno dei più affascinanti e, per certi aspetti esoterici, tra i sistemi del complesso e variegato mondo del Kung Fu; in origine la sua pratica prevedeva rituali segreti, formule magiche, gesti convenzionali per iniziati, fabbricazione di amuleti, allenamenti clandestini, numerologia esoterica… in realtà più che uno stile era una setta segreta, nota come società Hung. Nasce in un periodo storico particolare e prenderà la forma attuale nei decenni successivi; tutto ha inizio quando gli eserciti mancesi invadono la Cina e, detronizzando l’imperatore della dinastia Ming, danno vita ad una nuova casata, quella dei Ching, tutto questo accadeva nel 1644. Negli anni a venire numerosi furono i tentativi di ripristinare il vecchio regime, soprattutto ad opera di società segrete, organizzatesi in piccoli eserciti; le sedi logistiche dei guerriglieri e i centri dei sentimenti patriottici furono i templi buddisti, in particolare quelli dell’ordine Shaolin, da sempre luoghi di formazione di formidabili combattenti. Per questo motivo e per il fatto che questi rappresentavano l’unica istituzione che conservava i valori della precedente dinastia, costituendo un pericoloso punto di riferimento culturale per il popolo e per la borghesia, che i nuovi regnanti iniziarono un’opera di discriminazione prima e di aperta avversione poi nei loro confronti. Nel XVIII secolo iniziò una sistematica distruzione dei templi e di stermino dei monaci, che coinvolse anche il principale tempio del sud, quello di Fukien; degli oltre 800 religiosi solo qualche decina scampò al massacro, disperdendosi e nascondendosi tra le montagne. Alcuni di essi, la tradizione vuole cinque, non si divisero prima di essersi accordati sul fatto di riorganizzarsi, reclutare volontari e tentare, lottando in clandestinità, di rovesciare i Ching. Ognuno di essi creò una loggia, con un proprio colore, con un proprio simbolo e un proprio nome. Una di queste era appunto la Società Hung o Famiglia Hung… Hung Gar. Si dice che l’addestramento degli adepti dell’Hung Gar consistesse nell’ esercitarsi con un’unica forma, Gung Gee Fok Fu Kuen, ancora oggi una delle più prestigiose del Kung Fu e che contenesse molti gesti e segni convenzionali per comunicare senza essere scoperti; l’operato di queste società segrete non portò mai a nulla e il potere dei Manciù divenne sempre più saldo, fino a che esse persero la loro connotazione originaria. Usciti dalla clandestinità gli adepti della società Hung crearono quello che oggi è uno dei più apprezzati stili di Kung Fu e le generazioni di maestri successivi ne arricchirono il programma tecnico. Altra forma molta prestigiosa è Fu Hok Suen Yin Kuen, la “Forma tigre – gru”, considerata da molti quella che meglio rappresenta l’intero stile, che pur basandosi sui cinque animali di Shaolin, è caratterizzato in particolare dalle movenze di questi due animali. Tuttavia, oggi, la maggior parte delle scuole contemplano nel programma, almeno altre sei forme a mani nude e alcune con le armi; di quest’ultime, sicuramente, una delle più note, grazie al Gran maestro Lam Sai Wing, è quella con i Wu Dip Dao, “Coltelli Farfalla”. Si tratta di una tipica arma degli stili del sud; usata in coppia, era versatile e facilmente occultabile. La punta può essere rivolta verso il gomito, così che la lama protegga gli avambracci e portando dei colpi di gomito, in realtà si infliggono dei potenti fendenti. Con la punta rivolta in avanti si possono effettuare parate, affondi e fendenti; il particolare paramano può fungere da tirapugni e il tipico uncino posto sull’elsa, oltre a permettere di rovesciare la lama, può imprigionare l’arma dell’avversario, ma anche lacerare. Altra forma condivisa da quasi tutte le scuole di Hung Gar è Hung Cher Kwun, anche conosciuta come Hao Kwun, il “Bastone della scimmia”. Il mito della scimmia è profondamente radicato in Cina e a questo simpatico animale sono associate qualità quali l’intelligenza, coraggio e ingegno; ma in questo caso si fa riferimento al Re scimmia, spesso raffigurato con un bastone in mano, personaggio mitologico che emerge dalle pagine della novella Hsi Yu Chi. Seppur di indole pacifica e tranquilla è coinvolto in una serie di avventure ricche di magie, demoni e Dei taoisti e buddisti. Abile nel combattimento e nell’uso del bastone, raggiunge l’immortalità dopo aver bevuto un elisir; punito per aver sfidato gli Dei, avrà l’opportunità di riscattarsi accompagnando un monaco cinese, nel suo viaggio in India. Stesso personaggio, infatti, lo troviamo nel romanzo del periodo Ming “Pellegrinaggio verso ovest” in cui il nostro Re scimmia guida e protegge un monaco cinese. Il bastone era l’arma principe dei monaci e nel loro peregrinare rappresentava un sostegno, un compagno di viaggio e un’ottima ed insospettata arma da difesa, tanto che negli anni il binomio monaco-bastone divenne inscindibile. A cura di Giuseppe Giosuè Per ulteriori informazioni si può contattare il maestro Giuseppe Giosuè: www.giosuekungfu.com o 338/3626061
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