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Breve intervista a Paolo Di Cintio della palestra Sakura Karate Dojo ASD | |
Buon giorno M° Paolo Di Cintio, grazie per averci concesso una breve intervista.
100ma.it: - Dove nasce la sua passione per le arti marziali e cosa ha spinto a dedicarsi al "Karate"? Paolo Di Cintio: Sono convinto che le arti marziali abbiano sempre fatto parte della mia vita, ognuno di noi nasce con delle predisposizioni che vanno coltivate e curate giorno dopo giorno, in qualunque ambito. Per quel che riguarda me, ho vissuto la mia infanzia a cavallo degli anni ’80 e ’90, un periodo molto florido per le arti marziali, grazie al contributo mediatico diinnumerevoli film e cartoni animati giapponesi che trasmettevano in TV. Vivevo in un piccolo paese con pochi sbocchie poco da fare, sono cresciuto tra i vari Bruce Lee, Van Damme, Chuck Norris, ecc., imitandoli e ammirandoli, fantasticando un giorno di diventare come loro. Fino a quando, nel 1991, avviarono un corso di Karate, al quale mi iscrissi, in una palestra vicino casa mia. Credo, e non mi vergogno di dirlo, che moltissimi, come me, abbiano cominciato cavalcando il sogno di incontrare un giorno un maestro che li portasse ad essere il nuovo “Karate Kid”. 100ma.it: - La sua più grande soddisfazione legata alle arti marziali? Paolo Di Cintio: Ne ho avute tante, molte si perdono nei miei ricordi più remoti: il primo esame, il primo combattimento, la prima gara vinta. Trovo immenso piacere ogni volta che scopro qualcosa di nuovo da imparare (e ciò avviene quotidianamente). Inoltre, la passione negli occhi dei miei ragazzi, i piccoli miglioramenti che noto in loro giorno dopo giorno, il loro apprezzamento unito a quello dei genitori dei più piccoli, la consapevolezza di essere stimati nell’ambiente non solo come insegnate e karate-ka ma soprattutto come persona, sono per me motivo di infinita soddisfazione. 100ma.it: - Come è cambiato o come si è evoluto il suo modo di praticare arti marziali nel tempo? Paolo Di Cintio: Pratico Karate da quasi venti anni, all’inizio mi sono dedicato esclusivamente all’agonismo. Ho studiato lo stile Wado-ryu e Shotokan seguendo gli insegnamenti dei miei istruttori. Ero convinto che il Karate fosse solo quello e consideravo “legge” tutto ciò che mi veniva insegnato. In età più matura ho cominciato ad avvertire una sorta di malessere, sentivo, tutto sommato, che le mie tecniche erano “vuote”, quasi inutili. Avvertivo il bisogno di riscoprire un po’ la “realtà” del Karate, la filosofia, la marzialità, lo spirito, avevo voglia di vedere a cosa servissero davvero quelle tecniche appena accennate, tirate a vuoto o comunque portate con il massimo controllo. Sentivo il bisogno di combattere davvero, di lasciare le regole per un po’ chiuse in un cassetto, di sentirmi vivo! Mi ero stufato di allenarmi con lo scopo del risultato sportivo, della medaglia, del cambio di cintura, mi ero stufato dell’atletismo che ormai domina il Karate moderno dove vince chi alza di più la gamba, chi ha la tecnica più pulita, dove vince il più giovane e non chi effettivamente sa combattere. Ero stanco del manierismo che sta divorando e dissacrando l’arte. Semplicemente, ero pronto per procedere il cammino con le mie gambe, da studente di arti marziali, stavo diventando uno studioso di arti marziali. Il mio istruttore di allora non fu molto contento dei sentimenti che stavo maturando, vedeva la sua “autorità” minata, cominciò a vedermi come una possibile minaccia, un concorrente scomodo, avremmo potuto continuare a crescere insieme ma non ebbe l’intelligenza di capire il mio bisogno. Un buon padre dovrebbe incoraggiare i propri figli e aiutarli in ogni loro scelta, lo stesso dovrebbe fare un buon maestro, anche perché, dopo tutto, è l’allievo che sceglie, sempre e comunque, e non il contrario. Con questo spirito ho lasciato il dojo dove mi allenavo, molto serenamente alla ricerca di altri insegnati, senza dare più nulla per scontato. La chiave di volta è stata un periodo di studi svolto all’estero, dove conobbi lo stile di Karate Kyokushin Kai. Trovai la dimensione che cercavo, il combattimento a contatto pieno, dove mettere realmente in pratica le tecniche studiate nei Kata e nei Kihon, allenamenti volti a temprare non solo il fisico ma anche la mente e lo spirito. Da allora non mi sono più fermato, ho cominciato a studiare anche altre arti marziali, tecniche di lotta, Judo, Ju-Jitsu Brasiliano, ampliando il mio bagaglio marziale. Con molto pragmatismo, ho affinato le tecniche che ritenevo più efficaci, e scartato quelle meno valide dopo averle provate e riprovate. Ormai ho abbandonato anche il concetto di “stile”: a parer mio non esiste uno stile superiore ad un altro, o un’arte marziale più efficace di un’altra, tutto dipende dalla preparazione del singolo, dalla propria apertura mentale e dalla capacità di sapersi adattare a qualunque situazione, sia essa marziale o di vita reale. 100ma.it: - A chi consiglierebbe la pratica delle arti marziali? Paolo Di Cintio: Ovviamente, a chiunque abbia voglia di impararle. 100ma.it: - Chi è il suo punto di riferimento? Paolo Di Cintio: Ne ho avuti molti e ogni giorno ne trovo di nuovi. Dai padri fondatori come Miyagi, Funakoshi, Oyama, Helio Gracie, ecc. a figure molto più recenti e vicine alla mia persona, come il M° Agostino Toppi, il M° Marco Morena, il mio amico Andrea Liberatore, il Senpai Zoltan e, soprattutto, i miei allievi. 100ma.it: - In un caso reale, secondo lei, le sue arti marziali sono efficaci e perché? Paolo Di Cintio: Non è semplice rispondere a questa domanda, in una situazione reale le variabili in gioco sono infinite e imprevedibili, inoltre, la conoscenza di un’arte marziale non ci rende invincibili. Io consiglio sempre e comunque di evitare lo scontro, in quanto le conseguenze di esso, a prescindere dall’esito, possono essere disastrose: denunce, vendette trasversali, ostilità infinite, danni fisici, ecc. Secondo il mio parere, la difesa personale, più che un insieme di tecniche, è uno stato mentale, è saper evitare ad ogni costo situazioni di pericolo, saper mantenere il sangue freddo e la mente lucida, saper rendere innocuo l’aggressore a parole e con il ragionamento. Poi, in casi estremi, si fa quel che si può, anche con tecniche poco ortodosse e credo che i miei insegnamenti possano tornare estremamente utili, proprio per quel pragmatismo di cui parlavo nella precedente domanda e che cerco di trasmettere anche ai miei allievi. 100ma.it: - Ha un consiglio da dare a chi pratica Karate o in generale arti marziali? Paolo Di Cintio: Non ho la presunzione di dispensare consigli, molto francamente non me la sento, rischierei di sembrare scontato e borioso, inoltre, non ho inventato niente di nuovo o scoperto “l’acqua calda”. Ognuno sceglie di percorrere la “Via” come meglio crede. Per quel che riguarda me, posso solo dire che continuerò per la mia strada con lo stesso spirito che mi sta accompagnando da tanti anni, con tanta umiltà e brama di apprendere sempre di più, migliorando e ampliando il mio bagaglio culturale, umano e marziale. Vorrei, infine, ringraziarvi di cuore per l’opportunità concessami. | |
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In data 2010-03-27 raffaele commenta: bravo paolo un buon maestro rimane sempre umile In data 2010-12-03 ruggero commenta: ciaoooooooooo paolo sono ruggero d' ercole il tuo alievo di lanciano che kata e quello che stai facendo nella foto?? unsu,gankaku,chataniara-kushanko????????????????????????????????????? |